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la pazzia che fu - pesaro 2012


Sono passati quasi 35 anni dalla legge Basaglia, la legge che nel 1978 decretò la chiusura dei manicomi. Il nostro viaggio all’interno del San Benedetto ha voluto essere una riflessione su quello che è stato quel posto per chi l’ha vissuto ai tempi della sua attività e su quello che di quel posto resta alla società di oggi.


Le immagini ci accompagnano all’interno di questo complesso storico architettonico che è il San Benedetto e ci fanno vedere gli ambienti che lo hanno caratterizzato: dall’atrio principale al refettorio, ai bagni con le vasche ad uso terapeutico, al teatro dove si tenevano i laboratori per i pazienti più tranquilli, alla chiesa interna, per portarci poi alle stanze semivuote di oggi, piene di oggetti lasciati lì dal tempo, dall’uso di magazzino che se ne è fatto dopo la chiusura, come a suggerirci che la schizofrenia è rimasta all’interno del luogo, delle sue pareti, nonostante il passare degli anni.

Nonostante il passare degli anni all’interno del San Benedetto sono rimaste anche le sue storie: quelle dei suoi pazienti, raccolte in fascicoli ormai sparsi in ogni dove, quelle delle sue occupazioni, dai tedeschi agli alleati di fine guerra delle quali si ha traccia dalle scritte sulle pareti, fino alle storie lasciate nei registri da dottori e infermieri, tra le quali le famose consegne da un turno all’altro. Sono queste delle storie nascoste, non raccontate, e che forse mai lo saranno, ma che non possono e non meritano di essere dimenticate e disperse nel tempo.

La riflessione sugli effetti del tempo, trascorsi quasi 35 anni dalla legge Basaglia, ci porta così a puntare l’attenzione, quasi metafisicamente, sull’edificio in sé. Le sue infrastrutture, le centraline che davano vita alle sue attività, i suoi cavi elettrici e le sue grondaie, sono ora lasciate a sé stesse e sempre più deteriorate, quasi irriconoscibili: un’astrazione nella forma. È la natura ora a fare da padrona e a decidere il destino di questo luogo, a volte prendendone possesso, altre volte trasformandolo in disegni da riempire di significato.


Il tempo, il suo scorrere inesorabile, fa così da filo conduttore al nostro viaggio all’interno del San Benedetto. Gli spazi dell’ex ospedale psichiatrico sono ora solo delle scenografie teatrali da riempire di personaggi e di storie; quelle stesse storie che disperse nel tempo e nello spazio non sono che cartelle e parole impolverate abbandonate e accatastate qua e là. Con il tempo nelle sue infrastrutture ha preso il sopravvento la natura che inesorabilmente avanza e fa il suo corso. Attraverso il concetto di tempo e il suo manifestarsi nei diversi aspetti e punti di vista, la nostra riflessione vuole porre l’attenzione sull’importanza di una cultura della memoria per mantenere viva la coscienza collettiva su ciò che accaduto in tanti posti a noi vicini e per non dimenticare mai le loro storie.


Si ringrazia la ASUR di Pesaro per la gentile collaborazione.

 
Francesca Battistoni
Tommaso Ferro
Francesco Zellini



LA PAZZIA CHE FU è stato esposto a Exporre Sila 2012, al Turin Photo Festival 2012 e nell’ambito de “I racconti dell’occhio”, evento organizzato da Macula